Scegliere il migliore punto di vista per raccontare nel modo più efficace la propria storia è una delle cose più difficili da affrontare quando si scrive. La cosa fondamentale, una volta effettuata tale scelta, è mantenerla coerente per tutta la durata del romanzo.
È indubbio che le regole sono fatte anche per essere infrante, ma occhio a non esagerare con scelte troppo estrose. Prima di infrangere una regola occorre imparare a seguirla correttamente. Ecco che poi diventerà un automatismo — è un po’ come andare in bicicletta —, e sarà possibile declinarla nel modo che più riteniamo opportuno.
Sara Ferri e il punto di vista
Sara Ferri, l’autrice di Caldo amaro — suo romanzo d’esordio — e Dimentica la notte, una serie a metà tra il thriller e il poliziesco, utilizza il punto di vista in prima persona per raccontarci le vicende di Noelia, permettendoci di osservare il mondo attraverso i suoi occhi.
Sento il gelo impadronirsi di me. Marco si incammina verso la porta chiusa da cui provengono i suoni. Io gli sto incollata alle spalle, muovendomi in maniera meccanica, come un automa. Vorrei guadagnare l’uscita, ma non riesco a staccarmi da lui. La sua mano sulla maniglia esita solo un attimo e poi, con sicurezza, apre. Dentro un odore che ancora non so identificare mi arriva alle narici, dandomi il voltastomaco. Un odore dolce e acre allo stesso tempo, come caramello secco. Spingo l’interruttore dell’illuminazione. Per un attimo la luce mi mostra la scena terrificante che ho di fronte, poi, con un lampo, tutto torna buio.
Sara Ferri, Caldo amaro
In linea con il mood della storia, l’autrice, per mezzo del suo personaggio, ci accompagna a poco a poco nell’oscurità in cui la trama si immerge: prima lascia che ci bagniamo sulle sue rive, dopodiché ci trascina con sé nei suoi abissi. I toni si incupiscono con l’avanzare dell’azione, a partire dalla scoperta della prima vittima e, a seguire, con il perpetuarsi di omicidi sempre più efferati.
L’evoluzione del personaggio
Nel primo romanzo, Caldo amaro, il lettore accompagna una Noelia inesperta, ignara, che viene introdotta suo malgrado in un mondo dal quale è incuriosita, ma che allo stesso tempo teme. La sua vita, lineare fino a quel momento, subisce una brusca svolta: una sua ex compagna di scuola viene assassinata. Ma per quanto Noelia sia determinata e attiva nel perseguire l’assassino, la ritroviamo sempre più sgomenta di fronte alle scoperte e agli avvenimenti che mettono alla prova il suo stomaco. Il privilegio che l’autrice ci concede, di conoscere i pensieri e le reazioni spontanee della protagonista, ci consente di capire il personaggio ed essere coinvolti nella storia.
Se in Caldo amaro è come se Noelia si muovesse a tentoni sul terreno accidentato che le scorre sotto i piedi, in Dimentica la notte la sua voce diventa più matura e disillusa, pur non perdendo le peculiarità che la contraddistinguono dal principio, e dà prova dell’abilità con cui Sara porta avanti l’evoluzione del personaggio.
Se vuoi saperne di più sul percorso di cambiamento del personaggio leggi il mio articolo: Evoluzione e involuzione del personaggio.
Attraverso il punto di vista di Noelia, Sara Ferri ci accompagna in un universo sensoriale in cui sentiamo il sapore del sandwich che divora sulla volante dopo 24 ore di digiuno, l’aria fresca del mattino sul viso, il fetore di un cadavere.
Il contrasto tra la lucidità con cui la sua mente ragiona e l’umanità a cui ancora si aggrappa, in un ambiente in cui il cinismo è diventata una filosofia di vita, è disarmante e rende Noelia un personaggio reale, in carne e ossa, fino ad avere quasi l’impressione di poterla toccare.
L’autrice e Noelia
Come ha fatto Sara Ferri a far vivere Noelia tra le pagine dei suoi due romanzi?
A Sara è venuto da dentro, come ci racconta lei stessa:
Per me è stato, direi, spontaneo scrivere in prima persona. Immedesimarmi con Noelia è un automatismo, in quanto sento la mia protagonista come una parte di me.
Le sue sfaccettature caratteriali sono ormai caratteristiche consolidate per me, quindi non ho bisogno di appuntarmi nulla, né di andare a ricercare quanto ho scritto in precedenza su di lei. Non ho l’abitudine di utilizzare un taccuino, come molti appassionati di scrittura fanno. Non faccio i famosi “schemi”. Semplicemente scrivo ciò che ho in testa, che è sì, disposto in un ordine causale, ma pur sempre con una sua logica. E in questi “progetti” se così li vogliamo chiamare, Noelia è come se fosse un’appendice di me… il mio braccio destro.
Molti mi chiedono come e quando sia nata Noelia. E se dovessi identificare un momento preciso non potrei davvero farlo. Noelia è nata in un periodo della mia vita abbastanza complicato, se così vogliamo dire, un momento in cui le cose sono cambiate completamente per me, e nella scrittura ho trovato una valvola di sfogo efficace, in cui ho riversato tutta me stessa, soprattutto ciò che avrei desiderato essere ma che non sono mai diventata.
Infatti, è pur vero che sono laureata in Biologia, ma non sono mai diventata biologa a tutti gli effetti. Ma nel cuore ho sempre custodito la passione per le scienze, la fisica e soprattutto la chimica, il mio vero grande amore. E così, in un momento travagliato ho rispolverato le mie conoscenze. Ammetto di aver dovuto riaprire i libri universitari per scrivere alcuni dettagli scientifici, ma l’ho fatto davvero con molto piacere.
La scelta di raccontare Noelia in prima persona nasce quindi proprio da questo. Dal volersi raccontare. Perché Noelia è un po’ il mio vero alter ego, la biologa che non sono mai diventata o, meglio ancora, la poliziotta che avrei voluto essere. È stato spontaneo, e per me è una cosa naturale pensare di scrivere e quindi aver scritto solo thriller. Non potrei scrivere altro perché la mia formazione scientifica mi spinge verso questo genere di scrittura che poi è anche ciò che prediligo quando leggo.
Nel punto di vista in prima persona non è inusuale confondere la voce dell’autore con quella del personaggio: non ci si può dimenticare che a narrare è proprio lui e che l’autore non può intervenire con una riflessione o un registro che non gli appartengono. È molto facile scivolare nei panni del personaggio quando rappresenta una parte di noi. Tracciare un suo profilo dettagliato, che sia su carta o nella nostra mente, potrebbe essere una buona idea; avere delle basi di partenza limita il rischio di errore.
Ma il metodo di lavoro devi sceglierlo tu, in base a ciò che senti più vicino alle tue abilità, come ci ha raccontato Sara Ferri.
Il punto di vista in prima persona consente un maggiore coinvolgimento del lettore e spesso appare come la scelta più ovvia, la più facile. Attenzione, però, perché può rivelarsi un’arma a doppio taglio. Se da un lato potremmo giovare del modo in cui ci siamo espressi per una vita intera, dall’altro dobbiamo tenere in seria considerazione due cose:
- le caratteristiche del nostro personaggio
- i confini che ci sono tra noi e lui, o lei
Buona scrittura!
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