Ormai è nota la differenza che intercorre tra racconto e romanzo, ma vorrei approfondire l’argomento per darti un’idea dei criteri da usare per fare la scelta più appropriata.
Essere in grado di capire qual è la tipologia di scritto più adatta a te può esserti di grande aiuto; questo non significa però che tu non possa sfruttarle entrambe in base al risultato che vuoi ottenere.
Come?
Si dice che ci siano molti più scrittori che lettori in Italia, e pare che questo numero sia in costante aumento.
Un romanzo con il proprio nome in copertina è un sogno che si avvera, ma richiede tempo ed energie. Hai bisogno di strumenti, di studiare e forse di fare ricerche, e il tempo non è mai abbastanza.
Ma se ami scrivere e lo fai costantemente, o vorresti farlo, non devi per forza buttarti su un’opera di trecento pagine e magari vedere che il traguardo si scorge appena all’orizzonte. In alcune circostanze, un racconto può diventare il tuo asso nella manica, perché ti permette di sperimentare nell’immediato, di applicare tecniche narrative appena apprese, di allenarti e mettere alla prova le tue capacità, in previsione di scrivere, un giorno, un’opera di più ampio respiro.
Scrivere un racconto può essere un buon modo per non accantonare la tua passione e strutturare una storia completa in poche ore, in quei momenti in cui proprio non riesci a concentrarti sul romanzo che hai in testa, oppure può aiutarti a sbloccare la tua creatività. La cosa fondamentale è autodisciplinarti ed essere costante.
Scrivere è una palestra: più ti alleni, più le idee e le parole fluiranno sulla carta.
Perché è utile capire la differenza tra racconto e romanzo?
Conoscere uno strumento ti permette di utilizzarlo in modo consapevole.
Se non sai dove si trovano i confini tra racconto e romanzo, avrai difficoltà a capire quanto spazio ti serve per scrivere la tua storia o, a posteriori, che tipo di narrazione hai tra le mani e quindi a chi proporla.
Vediamo allora quali sono i principali aspetti su cui puoi ragionare quando ti metti a scrivere.
#LUNGHEZZA
Come saprai o avrai già letto da altre parti, il primo elemento su cui ci si basa per distinguere il racconto dal romanzo è la lunghezza; non posso esimermi dal farlo presente e ti prometto che sarò breve.
Quando un editore riceve il tuo manoscritto lo classifica in base al numero di parole o cartelle (per cartelle si intende un foglio da 1800 battute, spazi inclusi). Ecco più o meno come vengono suddivisi:
- racconto: da 1 a 15 cartelle
- racconto lungo: fino a 50 cartelle
- romanzo breve: fino a 150 cartelle
- romanzo: oltre 150 cartelle
Ma a parte la lunghezza, in cos’altro si distinguono racconto e romanzo?
#SVILUPPO DELLA STORIA
Una delle differenze sostanziali tra racconto e romanzo è l’ampiezza dello sviluppo che diamo a tutti gli aspetti che li compongono.
Il romanzo è un’architettura complessa, un intreccio di archi narrativi. Se vuoi scriverne uno, è importante che tu, coscientemente, decida di dare respiro a tutte le parti che lo costituiscono e non solo alla linea narrativa principale.
In un romanzo hai sufficiente spazio per definire l’ambientazione e per caratterizzare un personaggio man mano che la narrazione avanza, senza fretta, e diventa più semplice riuscire a far capire al lettore in che contesto si trova e con chi ha a che fare. Se quello stesso personaggio lo devi presentare in poche frasi, quando appare ad esempio in un racconto di 20.000 caratteri, devi essere molto più brava tecnicamente per riuscire a condensare in così poco spazio una caratterizzazione intera, e devi puntare su una scelta lessicale mirata in grado di configurare nell’immaginario del lettore gli elementi che vuoi sottolineare con le tue parole. Hai meno spazio, ma devi sfruttarlo al meglio delle tue possibilità, e comunque l’effetto che otterrai sarà diverso.
Un esercizio interessante per testare con mano questo discorso è provare a scrivere il racconto di un romanzo. Ti ricordi quando a scuola ti facevano fare il riassunto di un libro? Nel fare questo, ti accorgerai che il racconto è il corpo narrativo essenziale, perché sarai costretta a tagliare il testo in molte sue parti. In quest’ottica, possiamo paragonare il romanzo a un corpo umano e il racconto alla sua spina dorsale.
Nell’immaginario comune si pensa che sia più semplice scrivere un racconto di un romanzo, perché è più corto, ma come vedi non è proprio così.
Un racconto non ti sconta niente, ma ti mette alla prova e mette alla prova i tuoi personaggi.
Ecco un altro buon motivo per conoscere lo strumento e allenarsi anche a scrivere racconti: affinare la tecnica.
Una scelta consapevole è il primo passo per dire: io ho idee, materiale, intenzioni, impulso per creare uno specifico oggetto narrativo. Una volta scelto il “cosa” vuoi dire, la forma dipende esclusivamente da come lo vuoi dire e dall’effetto che vuoi ottenere.
#TEMPO
Quando scegli di scrivere un romanzo, devi creare qualcosa di abbastanza ampio da calare il lettore in un mondo complesso, articolato, in cui quella moltitudine di cose che nel racconto fai solo intuire, nel romanzo puoi far vivere.
Se quindi hai intenzione di accompagnare il lettore nella tua realtà narrativa, fargliela assaporare, farlo affezionare ai personaggi in modo che soffra con loro, devi prolungare la sua permanenza nella storia più a lungo.
Lo sviluppo strutturale del romanzo è quindi funzionale anche alla creazione di un rapporto profondo tra lettore e personaggi.
Scrivere un racconto è più complicato, se parliamo di creare un impatto emotivo sul lettore in poco spazio, ma sviluppare un romanzo, come sicuramente sai o avrai intuito, è molto più faticoso.
Stabilire cosa sia più semplice o più difficile non è il mio scopo. Non esiste meglio o peggio, sono strumenti diversi. La cosa importante è che tu ti ponga le domande giuste:
Qual è l’effetto che voglio ottenere? Qual è lo strumento più adatto a comunicare il messaggio della mia storia?
#SVILUPPO DEL TEMA
Sullo sviluppo della storia nel tempo e nello spazio c’è un altro punto da sottolineare.
Se scrivi un racconto sulla solitudine, quel racconto parlerà di solitudine, il messaggio sarà tendenzialmente dettato da una voce solista.
Nel romanzo puoi agire in modo più articolato. Avere molto spazio a disposizione per parlare, ad esempio, della solitudine nei sobborghi di Londra nell’800, ti darà modo di caratterizzare questa ambientazione in maniera più dilatata e dettagliata e darà alla solitudine del tuo protagonista un significato diverso.
Riuscire a dare spazio ad ambientazione, personaggi, backstory, ti consente di rendere determinati messaggi più forti o più efficaci, o semplicemente più ricchi, e di dar loro una profondità. Il messaggio potrà essere veicolato da una moltitudine di voci che lo esporranno in maniera differente in modo corale, o porteranno avanti tesi diverse che esalteranno quella principale.
Questo non significa, però, che scrivere un racconto impedisca di trasmettere messaggi impattanti a livello emotivo, anzi. Pensa solo alla poesia o ai più commerciali cortometraggi della Pixar.
In conclusione, come fai a capire quale tra le due tipologie è più adatta a te?
Scrivere un romanzo non significa riempire trecento pagine di qualcosa, ma significa avere qualcosa da dire per trecento pagine.
Se hai materiale per un racconto, scrivi un racconto, non un romanzo, perché altrimenti è come annacquare la minestra.
Progettare un romanzo significa avere, non solo il messaggio centrale della storia, ma anche messaggi che fanno da corollario. Devi avere materiale a sufficienza ed essere pronta a sviluppare a fondo ambientazione e personaggi molto più di quanto faresti con un racconto.
Carver non ha mai scritto romanzi, ma questo non ha diminuito la potenza dei racconti che ha scritto. È riuscito a bucare la pagina con istantanee di vita, tralasciando le architetture complesse, perché non erano funzionali al suo scopo.
Spesso consiglio ai miei allievi di cominciare a costruire storie brevi, per approcciarsi alle strutture narrative e sperimentare le tecniche di scrittura che abbiamo a disposizione.
Una volta imparati i trucchi del mestiere, si interiorizzano e diventeranno automatici. Ti ricordi quando hai preso la patente? Non ti veniva il mal di testa a pensare a tutte le cose che dovevi fare? Salire in macchina, mettere la cintura, girare la chiave nel quadro, ingranare la marcia, mollare la frizione, bilanciare con la spinta sull’acceleratore… E quante volte ti si è spenta la macchina? Ma quando sali in auto adesso, dimmi, ci pensi ancora a tutto quello che devi fare per partire?
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