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I simboli narrativi: come usarli in un libro?

31 Marzo 2023
Simboli narrativi

È possibile utilizzare i simboli narrativi in modo più consapevole all’interno delle proprie storie? Quali sono gli aspetti da tenere in considerazione per usare simboli efficaci?

In questo articolo vediamo alcuni simboli narrativi, elementi in grado di creare profondità nelle storie, nascondere significati, stimolare riflessioni.

C’è chi riesce a usarli con disinvoltura e in modo del tutto inconscio, ma pensa a cosa accadrebbe se quest’attitudine diventasse consapevole.

Con questo, non ti sto dicendo che è facile, ma che è possibile.

Cosa sono i simboli narrativi

I simboli narrativi costituiscono il senso più profondo che si nasconde dietro a una storia e si identificano in situazioni, personaggi, oggetti, gesti concreti che potrebbero in superficie apparire ordinari.

Un simbolo può essere:

  • un oggetto, pensa alla trottola del film Inception, di Christopher Nolan (un simbolo esplicito), oppure a un’arma, come la spada di Aragorn ne Il Signore degli Anelli;
  • un viaggio, che simboleggia un percorso che il personaggio deve necessariamente fare per la propria evoluzione (Odissea);
  • un gesto, che conferma la crescita di un personaggio o le sue caratteristiche. Ad esempio, la bacchetta di sambuco in Harry Potter, che il ragazzo decide di rompere; in Hook, Capitan Uncino, Peter (Robin Williams) inizialmente dà estrema importanza al lavoro e non è presente per la sua famiglia, ma dopo aver ritrovato sé stesso, cambia attitudine, decide di non andare in ufficio per dedicarsi agli affetti.

Questi sono solo alcuni esempi, perché in narrativa come ben sai ci si aprono infinite possibilità.

Si può arrivare anche a espandere la rete dei simboli al romanzo intero, per creare un’allegoria (La fattoria degli animali di Orwell).

Il nostro cervello, quasi in automatico, decodifica questi simboli. Potremmo non accorgercene, ma questo meccanismo accentua il nostro coinvolgimento in una storia, ci permette di elaborare riflessioni a posteriori e reinterpretare ciò che abbiamo letto a seconda di quelle che sono le nostre esperienze. Potrebbe anche fornirci le risposte che cerchiamo.

Anche le ambientazioni, spesso veicolano messaggi nascosti, ed è proprio su queste che oggi vorrei focalizzarmi.

Ambientazione: la culla dei simboli narrativi

Ho già accennato alla Storia infinita in questo articolo: 3 modi per rendere autentico un personaggio.

Leggere e rileggere questo libro riserva sempre molte sorprese, ma oggi vorrei concentrarmi su alcuni aspetti dell’ambientazione che diventano essi stessi personaggio, influenzano la storia e assumono un valore simbolico.
Si tratta delle tre porte che Atreiu deve superare e che portano con sé dei messaggi da interpretare.

«Dunque, la prima porta si chiama Porta del Grande Enigma. La seconda, Porta dello Specchio Magico. E la terza è la Porta Senza Chiave…»
«Strano», lo interruppe Atreiu, «per quel che posso vedere, dietro la prima porta non si vede altro che una pianura deserta. Dove sono le altre porte?»
«Silenzio!» ordinò Enghivuc in tono di comando. «Se continui a interrompermi non posso spiegare niente. È tutto molto, molto complicato! Le cose stanno così: la seconda porta c’è solo quando hai varcato la prima. E la terza, quando hai oltrepassato la seconda. […] Prima non esiste nulla di tutto questo. Non c’è, semplicemente non esiste, capito?»

Michael Ende, La storia infinita, Longanesi & C., Milano, 1981, pp. 98-99

I simboli narrativi risiedono prima di tutto nelle parole di Enghivuc, che possiamo tradurre così: per raggiungere un obiettivo si devono compiere piccoli passi, non si può pretendere di arrivare subito alla meta, senza dover affrontare qualche difficoltà. Lanciare lo sguardo troppo lontano non ti permette di vedere né superare le sfide di oggi, che ti forniscono le competenze per fronteggiare quelle di domani.

La Porta del Grande Enigma

La prima porta è una porta aperta. È costituita da due sfingi che si ergono ai due lati del sentiero e si guardano. I loro occhi emanano tutti gli enigmi del mondo, dice Enghivuc, e solo tra di loro possono sostenere l’una lo sguardo dell’altra. Per una qualunque altra creatura sarebbe impossibile.

Quando qualcuno passa tra i loro sguardi, si trova a dover risolvere questi enigmi e rischia di rimanerne sopraffatto.

Si tratta della prima prova, che in qualche modo sembra risvegliare Atreiu e portarlo a una maggiore consapevolezza. Il ragazzo trova dentro di sé il coraggio per affrontare l’ignoto.

Atreiu non prova paura, ed è proprio questo che gli permette di superare la prima porta.

SIGNIFICATO SIMBOLICO:

Gli enigmi sono qualcosa che non conosciamo e sono complicati da risolvere. Ciò che non si conosce, si teme.

Quello che ci blocca, quando ci troviamo a dover fare qualcosa di nuovo, in una situazione che non conosciamo, è la paura, che si individua di solito nella riluttanza dell’eroe ad accettare la chiamata (vedi Il viaggio dell’eroe di Vogler). Se si elimina la paura, allora si riesce a compiere il primo passo verso un nuovo proposito, un nuovo progetto, un obiettivo.

Superata la paura, davanti ad Atreiu compare la seconda porta, che prima non si vedeva.

La Porta dello Specchio

La Porta dello Specchio è sia aperta che chiusa. Le cose si complicano.

Si tratta di un enorme specchio che sbarra la strada ma attraverso cui si può passare. Riflette il proprio io interiore: Atreiu si vede per come è in realtà.

«Chi vuole passare deve entrare in sé stesso» dice Enghivuc.

Nello specchio, Atreiu vede Bastian, il ragazzino che sta leggendo la Storia Infinita.

un ragazzetto grassoccio, che poteva avere press’a poco la sua stessa età, seduto a gambe incrociate su un mucchio di stuoie, intento a leggere un libro che teneva sulle ginocchia. Era avvolto in vecchie coperte grigie sfilacciate. Gli occhi del ragazzo erano grandi e lo sguardo molto triste. Dietro di lui si vedevano sullo sfondo alcuni animali immobili nella penombra, un’aquila, un gufo e una volpe, e un poco più lontano ancora qualcosa che somigliava a uno scheletro bianco. Ma con precisione non lo si poteva distinguere

Michael Ende, La storia infinita, Longanesi & C., Milano, 1981, pp. 107-108

SIGNIFICATO SIMBOLICO:

Spesso proiettiamo le nostre paure, i nostri problemi, al di fuori di noi stessi, incolpando fattori esterni, forse per evitare di riconoscere le nostre debolezze, i nostri difetti e sciogliere i nodi che ci bloccano.

Atreiu è consapevole di se stesso (“Era un po’ stupito di poter superare con tanta facilità ciò che per altri era stata una difficoltà insormontabile”), ma non ha paura di guardarsi allo specchio e vedere i propri lati più nascosti, di mettersi a nudo, a costo di rimanerne deluso.

La Porta Senza Chiave

Quando oltrepassa lo specchio magico, Atreiu perde la memoria, di sé e della sua vita passata. Non ricorda nemmeno quale fosse il proprio scopo.

È come un bambino appena nato.

La Porta Senza Chiave è chiusa. È fatta di selenio fantàsico, spiega Enghivuc, un materiale che reagisce alla nostra volontà: più si vuol passare, più la porta si chiude. “Ma se uno riesce a dimenticare ogni intenzione di passare e a non volere più nulla, allora la porta gli si apre davanti da sola, per incanto “ conclude (p. 104).

Non vedendo serrature o pomelli, Atreiu pensa che quella porta non sia da aprire. Ci gira intorno e vede che non conduce in nessun posto, e quasi rinuncia all’impresa.

SIGNIFICATO SIMBOLICO:

La realtà si piega alla nostra volontà, siamo noi a plasmarla. Credere in qualcosa che all’apparenza è impossibile è come ritornare bambini e avere di nuovo dei sogni da perseguire (questo concetto racchiude il tema centrale dell’opera).

È quindi fondamentale, in un certo senso, guardare il mondo con gli occhi di un bambino.

In conclusione

Il segreto per riuscire a creare dei simboli narrativi efficaci risiede in una buona costruzione del personaggio e nella sua integrazione con il tema e il messaggio della storia.

Ti invito a provare a rileggere qualche tuo scritto per scovare i simboli narrativi che inconsciamente potresti avervi inserito. Oppure, adesso che ne conosci il potere, puoi provare a inserire in modo consapevole i simboli narrativi nelle tue storie.

Buon lavoro!

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