Dalla realtà alla narrazione. Dalla vita reale al mondo immaginario.
Come funziona davvero scrivere?
In questo articolo ho detto che spesso si scrive sotto la spinta delle emozioni, e questo ti permette di trasmettere queste stesse emozioni ai lettori. Ma cosa succede davvero?
Partiamo dall’inizio. Alzi la mano chi non ha mai scritto un diario!
Secondo me là fuori di mani alzate ce ne sono un casino.
Ci sta, si comincia quando impariamo a scrivere; mettere le nostre interpretazioni di ciò che ci circonda su carta è quasi liberatorio. Un modo per sperimentare. Mio figlio, ad esempio, appena ha imparato l’abc ha voluto un quadernino per scriverci le storie che inventava e che pescava dal mondo reale.
Quando poi si entra nella fase adolescenziale… wow! a quel punto è un’esplosione di emozioni incomprensibili. E nessuno ti capisce, per niente! Specialmente i tuoi genitori. E allora a quel diario ci si mette un bel lucchetto e la chiave te la porti dietro, perché la mamma, diciamocelo, è un po’ impicciona, no?
Perché ti sto dicendo tutto questo?
Nella scrittura si può inventare di sana pianta, ma se ci pensi bene non capita sempre così. Quel pezzetto di te di cui non ti sei accorta è finito in quel personaggio, e magari lo scopri solo a posteriori. E quell’evento somiglia tanto a quando tu…
Dalla realtà alla narrazione si riferisce al meccanismo per cui, nella scrittura, trasformi consapevolmente o inconsapevolmente ciò che hai dentro e intorno a te, la tua realtà, in narrazione.
La scrittura è qualcosa di atavico che in principio nemmeno sai che esiste, eppure inconsciamente quella penna la prendi in mano sin da piccola. E scrivi, scrivi davvero.
E quando questa passione te la porti dietro in età adulta, probabilmente il primo impulso da “persona matura” è scrivere di te, e più precisamente della tua vita.
Autobiografia… o no?
Tempo fa mi ha contattata una ragazza che voleva iscriversi al corso di scrittura creativa che teniamo tutti gli anni. Dopo averle dato alcune indicazioni fa: “Ma io vorrei scrivere una ‘cosa autobiografica’, va bene lo stesso?”.
Sul momento sono rimasta interdetta, però sì, le ho detto. Anche se vuoi scrivere qualcosa di autobiografico è importante che tu conosca le tecniche narrative e ti alleni nella scrittura.
Perché sono rimasta interdetta?
Perché in realtà tutti scriviamo “cose autobiografiche”. In ogni storia c’è qualcosa di noi stessi.
Se parliamo di autobiografia in senso stretto, allora ci riferiamo al romanzo che parla della vita di qualcuno, tua o di un personaggio famoso. Spesso è così. Pensa, ad esempio, a Open. La mia storia, di Andre Agassi, un libro che mi è piaciuto molto. Narra la sua vita dal suo punto di vista, dal momento in cui è entrato in contatto con il tennis. Ovviamente è romanzato per essere appetibile, ma è a tutti gli effetti un’autobiografia.
Tornando alla ragazza che mi ha contattata, invece, quando ha cominciato a frequentare il corso, ho capito che in realtà voleva fare tutt’altro. Quando mi ha fatto quella domanda voleva semplicemente sapere se il corso potesse fare al caso suo, in quanto voleva mettersi nei panni di un personaggio e raccontare alcuni eventi della sua vita.
In realtà non me lo ha mai esplicitato, ma tutte le volte che ascolto uno studente leggere ciò che scrive succede qualcosa, e quando quello che sento lo riguarda da vicino si percepisce.
Scrivere è una questione personale
Scrivere quindi è prima di tutto una questione personale. Cosa significa?
Significa che questa urgenza parte da dentro di te. E va bene se all’inizio scrivi fogli su fogli cercando di tirare fuori e di capire quello che hai dentro, ma queste sensazioni e questi eventi vanno in un qualche modo addomesticati per renderli comprensibili prima di tutto a te stessa, poi a chi legge, se desideri che qualcuno ti legga, ovviamente.
Sfruttare così il tuo vissuto a favore della scrittura può rivelarsi un modo efficace per raccontare storie.
Lo so, addomesticare è una brutta parola, specialmente se fai parte di quelle scrittrici che seguono l’ispirazione. Cercare di rendere intelligibile ciò che hai dentro è complicato, ma direzionare idee e sensazioni non inficia la loro autenticità né svilisce le emozioni che provi e che vuoi trasmettere.
Sappi che puoi veicolare il tuo bagaglio di vita ed emozioni al fine di creare una buona storia, mantenendone la spontaneità e l’istintualità.
Dalla realtà alla narrazione
Scrivere fedelmente di fatti accaduti o ispirarsi alla realtà?
C’è chi si improvvisa scrittore, è vero. E pensa che scrivendo la propria vita o pezzi di essa significhi saper scrivere. Il problema in questi casi risiede nel fatto che spesso non ci si rende conto che una storia deve essere interessante per poter essere fruita dal pubblico. Magari non è il tuo scopo primario, quello di essere letta, ma potrebbe anche succedere. Se esci allo scoperto hai più possibilità di sapere se quello che hai scritto piace. E di farti capire.
Ognuno di noi vive esperienze interessanti e incredibili nell’arco della propria vita, il punto è imparare a raccontarle. Per questo esistono corsi di scrittura creativa, libri e libri su tecniche inimmaginabili e trucchi magici. Ma qual è il segreto per riuscire a rendere accattivante la narrazione di episodi della tua vita? Cosa fa uno scrittore vero?
Tradurre in narrativese
Ecco che ritorna il concetto di addomesticare e tradurre. Come anticipato, ogni scrittore e ogni scrittrice mette parti di sé all’interno dei testi che scrive. Significa quindi che dalla realtà si prendono alcuni aspetti, o alcuni accadimenti e si traducono in linguaggio narrativo.
L’abilità di un autore o un’autrice sta, infatti, nel cogliere i dettagli di quell’evento, di quel particolare che gli/le è rimasto impresso di una persona e di applicarlo a uno dei personaggi, o di inserire quell’evento dentro la sua storia.
Come dico spesso: la fretta è cattiva consigliera. Addomesticare è utile anche a questo: a non avere fretta di inserire tutto di sé stessi in un’unica storia. Lasciare qualcosa al libro successivo ti permetterà di avere sempre un punto di partenza da cui prendere spunto per una nuova storia.
In conclusione
Da dove nascono le storie?
Le storie nascono dalla realtà, da ciò che ti circonda, da pezzettini del tuo vissuto a cui bisogna dar vita. A volte puoi avere l’impressione che alcuni fatti non abbiano nulla da dire, ma a fare la differenza è il come si raccontano. Dare vita agli eventi significa aggiungervi un tono, narrarli con uno stile unico, inserire nella storia un personaggio che osserva ciò che accade con il suo punto di vista e la sua personalità.
Rendere interessante una giornata in ufficio, ad esempio, si può. E non è necessario che tu sia sincera al cento per cento, perché come ho detto all’inizio non stai scrivendo un’autobiografia; stai solo tocciando dalla tua vita. Quindi puoi inserire in quella noiosa giornata lavorativa d’ufficio quel quid in più che susciti una risata, amarezza, o riflessione, se è stata davvero così noiosa.
Ed ecco che si passa dalla realtà alla narrazione. Da quel momento in poi guarderai ogni cosa con occhi diversi e non sarà più possibile per il lettore distinguere il confine tra verità e immaginazione.
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