Le emozioni e i personaggi che ho scoperto nel romanzo di Chiara Stoppa, Hate me, hanno aperto dentro di me un varco, fatto di ricordi e sensazioni sopite. Il libro di Chiara li ha fatti riemergere ed è riuscito a coinvolgermi totalmente.
L’ho letto a velocità record, due giorni. 463 pagine e non sentirle!
Appena finito il libro le ho scritto subito per farle i complimenti. Chiara ha una scrittura così scorrevole che si viaggia veloce, e nessuna parola sembra messa lì per caso.
Ma l’aspetto che mi ha catturata di più è come abbia saputo esprimere e trasmettere la delicatezza e l’intensità delle emozioni di Gioia, Andrea e Alex, i protagonisti. Mi sono commossa diverse volte e nonostante la pesantezza di alcuni temi, ha saputo dare veridicità a ogni momento.
Quando scrivi un racconto, un libro, o quando scrivi in generale, spesso quello che ti guida è qualcosa che preme per uscire, un evento che ti ha suscitato determinate emozioni e ti “tormenta” per venire alla luce.
Poi succede una magia. Quello che spinge per uscire si trasforma in una storia, e chi la legge ne verrà conquistato; proverà delle emozioni perché riuscirà a leggerle nell’impulso che ti ha portato a scrivere quelle parole.
Dirai che sono pazza. E invece è un dettaglio importantissimo, che poi tanto dettaglio non è.
Scrivere è provare emozioni
Scrivere sotto la spinta delle emozioni ci porta a renderle tangibili e trasferibili anche a chi leggerà ciò che scriviamo. È questo il segreto per creare delle storie indimenticabili: le sensazioni che suscitano nello spettatore.
Quante volte accade che ci ricordiamo un film o un libro per quello che abbiamo provato mentre lo leggevamo. Nel bene e nel male. Anche le sensazioni negative ci rimangono impresse.
(Leggi anche Emozionare in narrativa: come si fa?)
Di solito si prova diffidenza di fronte ai dattiloscritti di autori o autrici emergenti. Credo sia normale. Ad oggi, per quanto riguarda la narrativa e con l’avvento del self-publishing gira un po’ di tutto. Bisogna scavare nel mucchio per trovare la storia giusta, quella scritta bene, quella in cui ti puoi lasciare andare.
Capita spesso di trovarsi di fronte a scritti poco convincenti, e con il mio lavoro lo so bene. Ecco perché quando leggo il libro d’esordio di qualcuno cerco di pormi in una condizione mentale neutra, per evitare pregiudizi.
Quello che ho trovato nel libro di Chiara è un profluvio di emozioni. Il modo in cui l’autrice racconta la storia di tre adolescenti esprime la sua disperata necessità di riversare all’esterno il mondo che ha dentro e che appare infinito. E il messaggio arriva forte e chiaro. Il testo ha una energia dirompente, la stessa di un adolescente con la voglia di ribellarsi a tutto. Le emozioni e i personaggi formano un tutt’uno con la narrazione.
Allora ho chiesto a Chiara se aveva voglia di raccontarsi un po’.
Hate me, personaggi ed emozioni
Due chiacchiere con Chiara Stoppa
#veicolare le emozioni
Cioè, moriva dalla voglia di dirle tutto, ma qualcosa, all’ultimo momento, lo frenava. Aveva come la sensazione che avrebbe perso in partenza. Che avrebbe incasinato ancora di più la situazione.
Ciao Chiara,
sei stata davvero una sorpresa per me. Ho acquistato il tuo libro senza aspettative, spinta dalla curiosità e dalle recensioni positive che ho letto, e ne sono rimasta affascinata. In primis, perché è il primo che scrivi, poi perché dimostra una notevole maturità e sensibilità.
Quello che in molti sottovalutano spesso è la spinta emotiva della scrittura. È difficile riuscire a veicolarla senza strafare o fuoriuscire dai binari.
Ci vuoi raccontare quali sono le emozioni che ti hanno portata a scrivere Hate me? Come sei riuscita ad addomesticarle, visto che sembrano voler trapassare le pagine del libro, tanta è la loro forza?
Ho fatto tanta introspezione su me stessa. Qualche anno fa, leggendo libri di psicologia, mi sono resa conto di appartenere alla categoria delle persone ipersensibili e iperempatiche. Cosa significa? Che — ahimé — sento le emozioni (positive o negative che siano) in maniera molto più amplificata e intensa rispetto alla media, e che qualsiasi evento ha su di me un impatto forte e duraturo.
Inoltre percepisco facilmente le emozioni degli altri, sono una vera e propria “spugna” che assorbe tutto! Questa “bombardamento emotivo” mi porta ad avere dentro di me una sorta di magma in continua ebollizione, che non è facile da gestire. Questo rende la mia quotidianità più complicata ma, dall’altro lato, la mia estrema ricettività mi facilita nella scrittura.
Per addomesticare le emozioni cerco di ritagliarmi spesso spazi di solitudine, silenzio e tranquillità, di ridurre al minimo gli stimoli esterni, per ritrovare il mio equilibrio. Ho scoperto nella scrittura il modo ideale per riversare all’esterno tutto l’universo che ho dentro. Scrivere mi dona sollievo immediato e rimette un po’ in ordine tutto il mio fermento interiore.
Scrivo perché ho un estremo bisogno di far sentire la mia voce, di comunicare, di esprimermi, perché quasi sempre mi sento davvero inascoltata…Vorrei urlare al mondo che ciò che vedo intorno a me non mi piace, che vorrei cambiare un sacco di cose che sono sbagliate, vorrei che tutto prendesse una direzione diversa, ma non so come fare e mi sento impotente.
In Hate Me ho raccontato le sensazioni che ho vissuto (o ho visto vivere a chi mi era vicino) durante l’adolescenza: sono state così tante e così importanti per me, che non volevo finissero dimenticate, ma che continuassero a rigenerarsi in un magico flusso senza tempo nel cuore dei miei lettori.
#Alex, Gioia e Andrea
Alex non proferiva parola. Vide Andrea fermarsi d’improvviso ed esclamare: «Forza. Chi arriva ultimo al benzinaio è uno stronzo!»
Gioia lo guardò come se fosse pazzo. Alex scoppiò a ridere e cominciò a correre dietro all’amico, che era già scattato come una molla in direzione di un distributore chiuso di benzina.
Le emozioni
che hai trasmesso con le pagine che hai scritto sono incarnate da tre adolescenti.
Quello che si respira dai loro pensieri e dalle cose che fanno è l’idea che abbiano molto da dire.
Nella loro fragilità si dimostrano spesso più maturi degli adulti che li circondano, tutti presi dalle loro regole e poco dalle reali necessità dei ragazzi.
Alex alza barriere difensive molto alte, Gioia emana dolcezza ed empatia, Andrea riesce a sdrammatizzare ogni situazione. La loro essenza va al di là delle pagine in cui sono costretti. In che modo hanno preso forma nella tua mente?
Esistevano già da tempo nella mia mente! E non mi lasciavano dormire di notte, non mi davano tregua, finché non mi alzavo, prendevo un bloc notes e buttavo giù qualche idea o parola chiave per non dimenticarla il mattino dopo.
Ero una marionetta nelle mani dei miei personaggi. Vivevano praticamente di vita propria. Pensavano, sentivano, facevano cose, desideravano. Mi facevano pressione per uscire dalla mia testa e, come per magia, fluire su carta attraverso l’inchiostro di una penna.
Idearli non è stato difficile, e ti svelo il perché! Gioia , Alex e Andrea non sono altro che i tre lati più profondi della mia personalità. Ho scandagliato gli abissi della mia anima e mi sono piacevolmente immersa nell’esplorazione di me stessa… ho la timidezza e il candore di Gioia, l’eccentricità e l’amore per gli animali di Andrea, e la rabbia (repressa) di Alex.
Il messaggio che questi personaggi vogliono trasmettere è: andare controcorrente è consentito! Distinguersi dai più è motivo di orgoglio! Non conformarsi necessariamente a ciò che gli altri vorrebbero per noi o, per dirla alla Enrico Brizzi, “saltare fuori dal cerchio che ci hanno disegnato attorno ai piedi” richiede un coraggio e una forza ammirevoli. Ecco perché dedico Hate Me a tutti gli sfigati, gli esclusi, gli inadeguati, gli imperfetti in una società che ci vorrebbe tutti perfetti. È nei diversi che si nasconde il meglio dell’umanità!
#la crescita di un personaggio
Erano tanti i motivi per cui i vicini di casa di Andrea Levi lo detestavano; il motivo principale era che suonava la sua amatissima batteria alle ore più impensate del giorno e della notte; quando non pestava come un dannato sui suoi tamburi, cantava. Da sempre sognava di duettare con un partner immaginario sulle note di Bring me to life.
Creare personaggi verosimili
è qualcosa di davvero impegnativo, così come farli crescere ed evolvere. Andiamo un po’ più sul pratico: come li hai costruiti? Li avevi solo nella mente o ti sei cimentata in schemini di vario genere?
C’è a chi piace progettare tutto su carta e chi invece ha già i personaggi in testa, che crescono e si formano quasi in autonomia, per poi prendere possesso della storia. Come è stato per te?
Alex, Andrea e Gioia, come dicevo prima, erano già ben chiari nella mia mente, ho solo dovuto rifinirli aggiungendo qualche dettaglio fisico e comportamentale ispirato direttamente a persone reali che ho conosciuto e che, ognuna a modo suo, hanno lasciato traccia dentro di me. È la vita vera che mi da’ l’ispirazione. A volte basta un minuscolo dettaglio ad accendere la mia immaginazione. L’ispirazione nel mio caso è qualcosa di molto instabile, si tratta di un flusso irregolare, come un’onda improvvisa che mi investe, e io devo farmi trovare pronta.
Alex, Andrea e Gioia sono personaggi soli, arrabbiati e fragili. Quando si incontrano tra i banchi di scuola, però, nonostante abbiano caratteri completamente diversi, scoprono di avere tre anime affini in un modo unico e speciale. Tra loro si crea un legame fortissimo e a volte incomprensibile al resto del mondo. Ognuno è un sole che improvvisamente si accende nella vita degli altri due. Ogni sensazione che colpisce uno, risuona da qualche parte anche dentro agli altri.
#amicizia e adolescenza
Alex lo guardava e pensava che non potevano essere più diversi, loro due. La sua rabbiosa misantropia era direttamente proporzionale alla socievolezza di Andrea. Ma si sorprese quando si rese conto di essere riuscito anche lui, senza accorgersene, a finire quello che aveva nel piatto.
L’amicizia in età adolescenziale
è un argomento molto marcato all’interno del tuo romanzo. Il tema è fondamentale per la riuscita di una storia. Nel tuo caso, hai affrontato argomenti a volte scottanti e destabilizzanti per ragazzi così giovani. L’adolescenza è un’età estremamente difficile, per la costante sensazione di non essere capiti da adulti che dovrebbero invece saperne più di noi. Inoltre, si ha l’inguaribile necessità di essere accettati. Come sei riuscita e rimetterti nei panni di un’età ormai trascorsa, in maniera così efficace?
Forse perché dentro sono rimasta ancora una sedicenne! Molti dicono anche fuori, ma questo è un altro paio di maniche… Scherzi a parte, non mi sento molto diversa da allora, nonostante siano ormai trascorsi oltre dieci anni. I miei ricordi sono tutti a portata di mano, vividi e autentici. Durante l’adolescenza i tratti della mia personalità si sono delineati sempre di più, ho incontrato persone memorabili con cui ho intessuto amicizie bellissime e a cui ho voluto un gran bene. Oggi ho conservato pressoché intatti i tratti caratteriali che avevo da teenager (forse perché il mondo degli adulti non fa molto per me e sto ancora disperatamente sforzandomi di capirlo). Sono rimasta una persona sincera, idealista, cristallina e spontanea. Spesso la mia buona fede mi fa assomigliare incredibilmente a Gioia. Comunque spero di conservare per sempre il mio “Teen Spirit” (come lo definirebbe Kurt Cobain)!
Certo, in adolescenza a volte c’è un rapporto conflittuale con gli adulti, e questa sfiducia emerge dolorosamente in Hate Me. Molti degli adulti presenti nel libro, infatti, pur facendo del loro meglio, si rivelano inaffidabili, rigidi e incapaci di mettersi nei panni dei tre ragazzi, che si sentono ora ignorati e incompresi, ora oppressi. Tuttavia esiste una figura positiva nel libro, quella di zia Diana, che costituisce un importante punto di riferimento per il nostro Alex, aiutandolo a non perdere la rotta anche nei momenti più difficili.
Mi sono sbizzarrita a dipingere gli insegnanti in modo grottesco, ma se si va oltre, si percepisce una sfumatura di simpatia nei loro confronti.
#la musica come stile di vita
«Poverino» mormorò Gioia, passando la mano sulla stampa della maglietta.
Alex fece uno dei suoi sorrisetti sghembi, perché era un po’ come se Gioia stesse accarezzando Kurt.
«Riccardo è un’idiota, non sa niente di lui.»
«E che musica faceva Kurt?»
«Musica incazzata, o triste.»
«E ti piace?»
«Un casino.»
E la musica?
Raccontaci che importanza ha nel libro e nella tua vita.
La musica è, insieme ai libri e agli animali, la mia medicina quotidiana. Ce n’è per tutti i malanni: quando sei depresso e hai bisogno di una carica, quando sei troppo su di giri e vuoi darti una calmata, quando cerchi una parola buona, o qualcuno che esprima con le note quello che dentro stai vivendo anche tu…
L’aver frequentato il Liceo Musicale mi ha fatto scoprire questo mondo stupendo, mettendomi a contatto con una ricchezza e diversità di persone, emozioni ed esperienze che hanno influenzato profondamente quella che sono diventata. Per questo provo una infinita gratitudine e ricordo quel periodo con lancinante nostalgia.
La musica è stata intorno a me ogni giorno per cinque anni: tutti noi ragazzi suonavamo uno strumento, avevamo un animo artistico e sognante. I miei compagni sono diventati la mia seconda famiglia, crescendo insieme a me in quel mondo bellissimo e surreale fatto di musica e amicizia genuina. Il nostro modo per salutarci era l’abbraccio (ecco perché oggi sono diventata abbraccio-dipendente!) e ogni volta che capitava un’ora buca, banchi spostati, fuori le chitarre e tutti in cerchio a cantare i Beatles!
L’energia così pura e totalizzante che assorbivo in quei momenti mi faceva sentire meravigliosamente viva e sperimentare a pieno la felicità. La musica mi accompagna da allora, continuo a strimpellare il piano e la chitarra, ad ascoltare sommessamente la radio al buio, di notte, a emozionarmi fino alle lacrime all’ascolto di una canzone malinconica, a farmi venire la pelle d’oca di fronte a un acuto disperato o la tachicardia davanti a un assolo scalmanato dei Deep Purple.
La musica mi offre rifugio sicuro dal mondo reale, è fonte di ispirazione, arricchisce le mie giornate colorandole di mille tonalità. Ecco perché le ho dato tanto risalto in Hate Me. A partire dal titolo, che richiama il verso di una canzone dei Nirvana, per insinuarsi poi tra i vari capitoli, inframmezzati da citazioni musicali che sembrano essere state scritte apposta per Alex, Andrea e Gioia, per accompagnarli in ogni momento della loro movimentata adolescenza.
Grazie Chiara, per la tua disponibilità, spontaneità e soprattutto per avermi regalato una storia piena.
Grazie a te!
Leggere Hate me mi ha riportato indietro nel tempo. Confesso di essere un po’ grande per certe storie, ma non mi piace precludermi una lettura solo perché non sono inclusa nel target d’età, non sai mai dove puoi trovare una buona storia (e poi, come sai, leggo anche libri per ragazzi e ragazze giovani, molto giovani).
Riportare il lettore a dinamiche che probabilmente ha vissuto è un’arma potente per riuscire a coinvolgerlo nella storia in modo totale.
Io ho ripensato alla me di almeno venticinque anni fa (l’ho detto davvero?), e mi sono rivista in alcune delle difficoltà dei personaggi.
Il segreto è creare vite. Un personaggio non è solo quello che fa cose tra pagina 1 e pagina 300. Quando leggi un libro devi avere la sensazione che ci sia molto di più, la sua vita non finisce a pagina 300, l’impressione deve essere quella che ci sarà un dopo. Ma che c’è stato anche un prima.
Chiara Stoppa è riuscita a creare personaggi veri, di quelli che quando interrompi la lettura ti dispiace lasciare e non vedi l’ora di riprenderla. Di quelli che quando finisci il libro ti chiedi cosa faranno dopo.
Affiora molto di lei dal romanzo, ma soprattutto si sente chiaramente una cosa: che ama scrivere.
Biografia dell’autrice
Chiara Stoppa è nata a Como nella sua stagione preferita, l’autunno, e nella sua epoca preferita, quella del grunge. Ha quasi ventisette anni, ha studiato Scienze Sociali, Musica e Lingue. Lavora come receptionist in una scuola di inglese e suona il pianoforte e la chitarra. Animo sognante e contemplativo, adora il cielo, i vestiti bizzarri, i libri, i ragazzi coi capelli lunghi, gli animali e condivide un appartamento con il suo amatissimo porcellino d’India.
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