Fazzoletti rossi di Roberta Marasco è un romanzo per ragazzi e ragazze in cui il tema della narrazione viene affrontato con forza e in modo diretto, non lasciando dubbi sul messaggio che vuole dare. Finalista al premio Bancarellino 2021 con la sua opera, Roberta ci insegna che scrivere è un atto coraggioso.
Quando si scrive ci si espone, o è quello che si dovrebbe fare.
Scrivere davvero significa andare in profondità e con onestà portare alla luce quello che si vuole comunicare. Sì, anche affrontando argomenti scomodi o esperienze che ci spaventano o imbarazzano.
Ma non credo ci sia bisogno di sentirsi imbarazzati a parlare di un tema come la pubertà e lo sviluppo e partire da lì per raccontare una bellissima storia che sia da esempio al pubblico cui è rivolta.
L’importanza del tema non è una lezione scolastica da imparare, ma qualcosa di molto più profondo. Scrittrici e scrittori hanno come obiettivo un pubblico vasto, ma anche raggiungere una nicchia di lettori e lettrici è una grande responsabilità. È fondamentale capire cosa vuoi trasmettere con ciò che scrivi e a chi vuoi parlare.
Ora dimmi: quale messaggio vuoi dare? Che ricordo vuoi lasciare? I libri possono regalare momenti di svago, ma non solo. Hai la possibilità di raggiungere il cuore delle persone e trasformare la lettura in un momento di crescita e di consapevolezza.
Punta in alto. Dai un messaggio forte e positivo, metti nelle righe della tua storia quello in cui credi. Diffondi il tuo messaggio. Roberta Marasco ce lo insegna ogni giorno. Ecco l’intervista.
Fazzoletti rossi e tema della narrazione
Due chiacchiere con Roberta Marasco
#1, cambiamenti
Se c’è una cosa che odio, sono i cambiamenti. Qualunque cambiamento. Odio quando cambiano la confezione dei cereali al cioccolato e a colazione mi trovo davanti una scatola tutta diversa. Odio quando mi spostano di banco in classe. Odio quando le mie amiche cambiano l’immagine del gruppo di WhatsApp, come le fate madrine con il colore del vestito di Aurora durante il ballo. […] Non è vero quello che dice Enrica, che c’è sempre un motivo e che ogni cambiamento ha il suo risvolto positivo, basta saperlo trovare.
Camilla,
la protagonista della storia, proprio all’inizio del libro, dice che odia i cambiamenti, ma tu ne hai fatto uno bello grosso e non riguarda di certo la scatola dei cereali. Gli ultimi tuoi lavori erano orientati a un target di pubblico più adulto, mi riferisco a Le regole del tè e dell’amore e a Lezioni di piano. Cosa ti ha spinto a scrivere un libro per ragazze? E per i ragazzi, certo, che secondo me avrebbero un gran bisogno di leggere cose di questo tipo…
Ci sono state ragioni diverse. La prima credo che sia stata mia figlia, che aveva 13 anni quando ho scritto Fazzoletti rossi. Ho scritto il libro pensando a lei e insieme a lei, mi ha aiutata molto a trovare il tono giusto, a capire meglio quella fascia di età; e al tempo stesso ho scritto il libro che avrei voluto comprare in libreria insieme a lei.
Poi c’era il bisogno di parlare di femminismo alle preadolescenti, che secondo me è una fascia d’età fondamentale a cui ci rivolgiamo ancora troppo poco.
E volevo parlare di mestruazioni e farlo con un romanzo. Dopo averlo scritto ho scoperto quanto mi piace, quanto è prezioso e gratificante scrivere per quell’età, che privilegio sia arrivare nella loro vita in quel modo, se te lo permettono, in quel momento della loro formazione. Ogni volta mi lascia senza parole.
#2, tema della narrazione
«Devo andare in bagno» insiste […] Poi lo fa, lo fa davvero. «Devo cambiarmi l’assorbente. Ho le mestruazioni» dice forte e chiaro, e indica il fazzoletto rosso che si è legata al polso.
Quando ho letto queste poche righe
mi sono sentita sollevata. È stata una liberazione. In Fazzoletti rossi affronti temi molto forti e attuali, in primis il fantasma mestruale, la vergogna per qualcosa che esiste da sempre e che fa parte della natura. Ho amato il modo in cui ne parla il professore di scienze. Ma troviamo anche argomenti come il bullismo che ne consegue, la violenza, sia fisica che psicologica, l’uso dei social…
Insegnando scrittura creativa, mi trovo spesso a spingere i miei studenti a ragionare in prima battuta su cosa vogliono comunicare. A volte li esorto a costruire le loro storie partendo proprio dal tema, perché credo che avere qualcosa da dire sia fondamentale quando si vuole scrivere, e averne consapevolezza lo è ancora di più.
È stato il tema a guidare la stesura di Fazzoletti rossi? Da dove è nata l’idea?
È stato senza dubbio il tema. Ho iniziato a scriverlo perché volevo una storia in cui le mestruazioni avessero un ruolo narrativo importante. Non un libro manifesto, ma una storia, un romanzo. E a partire dal tema sono nati i personaggi.
L’idea è nata perché sono convinta che l’arrivo delle mestruazioni sia una delle fasi della pubertà in cui iniziamo a vergognarci del nostro corpo, in cui diventare donne si traduce in un limite, invece di significare maggiori libertà. Le prime curve significano più “pericoli” e più divieti, le mestruazioni significano che lo spazio pubblico ci appartiene di meno.
Ecco, ho scritto il romanzo proprio per reclamare un po’ di quello spazio pubblico, perché il femminile avesse il diritto di presenza nei discorsi collettivi che ci circondano. Dove c’è spazio per le mestruazioni, c’è spazio anche per le donne. Un mondo in cui di mestruazioni non si parla è un mondo in cui le donne non devono e non possono parlare abbastanza.
#3, i personaggi
Sbatto la porta di casa, mollo lo zaino per terra facendo tintinnare i portafortuna appesi alla cerniera, apro l’ultimo video, controllo le notifiche e i like, leggo i primi due commenti e poi butto un occhio a WhatsApp, mentre salgo le scale. No, non ho bisogno di guardare dove vado, come dice sempre mia madre. Li conosco, gli scalini di casa mia. E per andare nel suo studio mi basta seguire la scia di profumo al sandalo e tè alla cannella. Ci arriverei anche a occhi chiusi. Quando sono sul pianerottolo chiudo tutte le app e infilo il cellulare nella tasca posteriore dei jeans, sperando che lei non lo veda e parta con una delle sue tirate.
Parliamo dei personaggi,
che incarnano alla perfezione le tematiche che affronti. Ad esempio, Camilla la vediamo interfacciarsi con il bullismo, Luna con la notorietà e i social. Sono temi importanti in un’età ancora in divenire.
Calarsi nei panni di due adolescenti, come Luna e Camilla, è piuttosto complicato, eppure sei riuscita a costruire un mondo verosimile, a partire dalla scuola, dal rapporto delle ragazze con i genitori, con la professoressa Lusardi e con il contesto in cui sono inserite, in generale. C’è un divario intergenerazionale non indifferente, soprattutto a seguito dei cambiamenti che ci sono stati negli ultimi venti, venticinque anni (quando io avevo tredici anni non esisteva il cellulare, mentre ora impazza tra le ragazzine). Come ci sei riuscita?
Come dicevo sopra, in gran parte è stato merito di mia figlia. 🙂 L’unico aspetto su cui non ha potuto aiutarmi è stato il linguaggio, purtroppo, perché viviamo in Spagna. Per il resto, averla accanto, viverci assieme, respirare il suo mondo (per quel tanto che me lo permette) è stato prezioso. E anche così, resta comunque quel divario fra generazioni di cui parli, che non può essere superato del tutto. E probabilmente è giusto così, è giusto scrivere lasciando che i tre mondi si incontrino: gli adolescenti di oggi così come possiamo conoscerli, l’adolescente che siamo state e lo sguardo dell’adulta sull’adolescenza.
Ogni tanto però mi chiedo come farò a scrivere, quando i miei figli cresceranno!
#4, forme di violenza e di pensiero
Non l’ho raccontato neanche a lei di quando mi ha spinta in corridoio, l’anno scorso. Mi vergognavo troppo. Avevo paura che pensasse che era stata colpa mia. Che l’avevo provocato e l’avevo fatto arrabbiare.
A un certo punto della storia Carlo spinge Luna e la fa cadere.
Mi soffermerei a ragionare un po’ sui primi pensieri che le passano per la testa e sul motivo per cui non ha mai rivelato, nemmeno alla sua migliore amica, quello che è successo. Già in età adolescenziale, la violenza sembra assumere sfumature distorte, tanto che Luna se ne attribuisce la colpa, sebbene l’abbia subita. Questa è realtà, non solo fantasia. Forse noi genitori dovremmo porci delle domande sull’apparente debolezza e fragilità di pensiero delle ragazze, cosa ne pensi?
Io credo che ci sia ancora moltissimo da fare in questo senso, che tendiamo ancora a colpevolizzare le ragazze, a scaricare su di loro la responsabilità dei comportamenti maschili. Le invitiamo a non scoprirsi troppo, a non avere atteggiamenti ambigui, a essere sempre vigili e prudenti, come se non avessero il diritto di essere al sicuro comunque, a prescindere da come si comportano e da come si vestono.
Come madre di una adolescente li sento di continuo i commenti “Eh, certo, poveri ragazzi, fra gli ormoni e le ragazze con quei pantaloncini…” È fondamentale restituire alle ragazze la libertà di godersi il loro corpo e la loro età, insegnare loro che devono pretendere di potersi muovere nel mondo liberamente ed essere rispettate, sempre.
#5, social e controllo
Forse ho davvero perso un po’ i contatti con la realtà da quando sono una tiktoker di successo.
I social,
e il web in generale, sono strumenti utili e potenti se usati con consapevolezza, ma anche estranianti. Cosa pensi del rapporto simbiotico e incontrollato che i giovani hanno con il telefono e con i social?
Come molti genitori, mi sono ritrovata spesso a ripetere le stesse frasi che i miei genitori usavano con me, accorgermene e poi pensare “Ma io ho ragione!”, che probabilmente era esattamente quello che pensavano loro ai tempi.
Il mondo cambia e i social e i cellulari fanno parte di quel cambiamento. E noi adulti arriveremo a capirli in minima parte, per quanto ci impegniamo a farlo. Il nostro errore è continuare a giudicarli con i nostri parametri, senza tenere conto del fatto che un social come TikTok, per esempio, implica non solo contenuti e modalità diverse, ma anche una visione e una percezione dell’identità distinta, del modo in cui ci relazioniamo con gli altri, con la collettività a cui facciamo riferimento (attraverso gli hashtag o i trend, per esempio).
Detto questo, io ci ho provato, mi sono documentata, credo di avere capito molto di TikTok e di avere imparato ad apprezzarlo, ma ho cinquant’anni, quindi la mia prima reazione quando lo apro sarà sempre “Ma che cavolate!”
#6, solidarietà
Guardo la platea. Tutti i fazzoletti rossi al collo, ai polsi, fra i capelli delle mie compagne. Significa che non dobbiamo per forza starci simpatiche, ma vogliamo farci valere, vogliamo farci sentire, e vogliamo farlo insieme.
Cosa mi dici della solidarietà tra donne?
Spesso quello che emerge è una forte rivalità che sembra soffocare tutto il resto; si fatica a scorgere uno spiraglio in questo muro, eppure quando si manifesta, la forza che ne scaturisce è potentissima. Perché, secondo te, è così difficile per le donne fare come Luna e Camilla, avvicinarsi e capirsi con naturalezza, e sostenersi nella lotta per i propri diritti?
La solidarietà femminile è uno dei temi fondamentali del romanzo e per me era importante affrontarlo, ne parliamo troppo poco alle ragazze. Le frasi come “le donne sono le peggiori nemiche delle donne” mi hanno sempre infastidita e le trovo pericolose, oltre che sbagliate. Siamo più rapide a prendercela con le altre donne che con la mentalità e la cultura che ci condiziona tutti, e che ha davvero la colpa. È quello il nostro obiettivo, non dobbiamo dimenticarlo.
Nella mia vita le amiche e la solidarietà femminile sono sempre state incredibilmente importanti; non sono i principi che arrivano a salvarti su un cavallo bianco, sono le amiche! Se siamo più rapide a vedere la rivalità fra donne rispetto alla forza di cui parli, secondo me è perché ci hanno insegnato a farlo. Per questo è importante insegnare alle ragazze a inseguire la solidarietà, a riconoscerne il potere e a farvi affidamento.
#7, sogni
«Anch’io ho i miei sogni, Luna» dice, guardandomi negli occhi. «Li ho sempre avuti. Ma non c’era abbastanza spazio in questa casa per i miei sogni e quelli di tuo padre, così ho messo da parte i miei per aiutarlo a realizzare i suoi. All’inizio sembrava la cosa giusta da fare, tu eri piccola e avevi bisogno di tua mamma. E poi… poi è diventata semplicemente la cosa più comoda per tutti. Ora però mi sono stufata di essere invisibile. Non permetterò più a nessuno di cancellare i miei sogni» aggiunge con uno strano sorriso.
Nel libro si parla di ragazze ma anche di donne,
prendiamo ad esempio la madre di Luna che sembra aver rinunciato ai suoi sogni per la famiglia. Questo è un tema estremamente attuale e riguarda in particolar modo quello che si è verificato durante la pandemia, ovvero la rinuncia al lavoro di molte donne a seguito delle scuole chiuse e dei figli costretti a casa. Sembra che siano ancora gli uomini ad avere lavori più remunerativi e le donne a “doversi” occupare della famiglia, ma è davvero così? Perché la donna si sente in dovere di rinunciare a sé stessa?
È un tema che mi sta molto a cuore e che affronto spesso su Rosapercaso. Ci dimentichiamo spesso che le battaglie più dure dobbiamo combatterle dentro di noi, contro noi stesse e contro i sensi di colpa. Per troppo tempo si è confuso il femminile con lo spirito di sacrificio e si è fatta della stanchezza delle donne una sorta di medaglia, da appuntarsi al petto e con cui misurare il proprio valore. Dobbiamo ricominciare da noi stesse, metterci al centro della nostra vita e non avere paura di essere felici e di concederci la priorità nelle scelte che facciamo.
#8, linguaggio
[…] sarebbe felice di avermi in scuderia. Per un attimo l’ho presa come un’offesa (mi stava dando della cavallona?), ma poi ho capito che era un modo di parlare degli agenti e che mi voleva come cliente, non come cavalla.
Per finire, parliamo del linguaggio,
un aspetto fondamentale della cultura di un popolo. Spesso viene usato a sproposito o in modo approssimativo, senza dare il giusto peso alle parole, perché sono entrate nell’uso comune e nel nostro dna. Soffermarsi maggiormente sul modo in cui comunichiamo farebbe la differenza. Quali sono le espressioni che senti spesso e che ti infastidiscono più di altre?
Non c’è un’espressione in particolare. Mi infastidisce in generale l’uso approssimativo del linguaggio, ignorarne l’importanza e il valore. Le parole ci salveranno, lo dico spesso e lo penso davvero. È fondamentale usarle con cura e riconoscerne il valore.
#9, famiglia
«Devo dedurre che il tuo testo sulla famiglia non è ancora pronto?»
Marco si guarda intorno nel panico, in cerca di suggerimenti. «Sulla famiglia?» chiede basito. «Quale famiglia?»
«La tua, per esempio?» risponde lei.
«Intendo, quale delle due?» insiste lui. «Quella di mio padre o quella di mia madre?»
Direi che questo pezzo non ha bisogno di tanti commenti, vero?
🙂 Direi di no!
#10, Fazzoletti rossi… e poi?
Stai già lavorando al tuo prossimo libro?
Qualche anticipazione?
Sì, sono al lavoro per il prossimo libro e posso dire solo che sarà un altro romanzo per ragazzi e che non vedo l’ora di scoprire se vi piacerà!
Grazie per essere stata con noi.
Grazie mille a voi!
Biografia dell’autrice
Roberta Marasco, milanese, traduttrice, vive e lavora in Spagna, in un paesino affacciato sul mare. I suoi romanzi precedenti sono Le regole del tè e dell’amore (edito da Tre60 e tradotto in Olanda, Germania e Bulgaria) e Lezioni di disegno, edito da Fabbri. Gestisce un blog femminista, Rosapercaso, che vuole aiutare le donne a combattere le battaglie più difficili, quelle contro se stesse.
Leggi l’articolo Coerenza narrativa: che cos’è, in cui parlo anche dell’importanza di non disperdere il tema all’interno della narrazione.
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